TRIBUNALE DI MATERA- COLLEGIO – SENTENZA 55/2023

Una mia Assistita, cittadina cinese, veniva tratta a processo con un’accusa pesante avanti al Tribunale di Matera con sentenza 55 2023

L’accusa sosteneva che la cittadina cinese, affittuaria di un locale per massaggi nel centro di Matera, avrebbe sostanzialmente favorito e tollerato, in maniera abituale, l’esercizio illegittimo dell’attività nascosta di prostituzione in tale esercizio commerciale, asseritamente commesso da una connazionale nemmeno imputata, sulla base di pochissimi riscontri probatori.

La difesa si è fondata principalmente sui seguenti profili:

  • la ditta recante ragione sociale riconducibile all’odierna imputata, sarebbe stata “attiva” solamente per pochi mesi, tuttavia essa nasceva già inattiva;
  • l’unico teste-cliente, sentito in dibattimento, non sapeva riferire l’ammontare di un corrispettivo in denaro, non ricordava quasi nemmeno l’accaduto, a conferma dell’unicità dell’avvenimento. A precisa domanda della difesa, se egli conoscesse o avesse mai visto (anche in loco) l’imputata, egli rispondeva: No, assolutamente no. […] Non so chi sia. ;
  • Dalla documentazione agli atti del fascicolo del P.M. emergeva unicamente un mutamento della ragione sociale della presunta ditta, peraltro immediatamente cancellata ed inattiva sin dalla nascita, lo svolgimento di attività di pulizie, il pagamento della TARI da parte dell’imputata nonché, in un’unica occasione, la consumazione di un rapporto orale con una persona non meglio identificata o identificabile, verosimilmente ricondotta ad una cittadina cinese, coniugata con cittadino italiano e nemmeno imputata nel procedimento.

Si citava altresì Giurisprudenza pacifica, che ritiene (Cass. Pen. n. 8037, sez. 3, 16.02.2012; cfr. sez. 3 n. 701/1997) che la relazione tra la fattispecie in oggetto ed il luogo (in quel caso un albergo) debba essere specifica, stabile e strumentale, non certamente occasionale, posto che il reato di tolleranza abituale dell’altrui prostituzione commesso dal titolare di un esercizio … non esige la continuità della condotta, ma implica la sola reiterazione, per un tempo apprezzabile, del comportamento permissivo del gestore, idoneo a consentire che le persone alloggianti … svolgano attività di prostituzione (Cass. Sez. 3 n. 35384/2007).

Sempre la Suprema Corte (Cass. Pen., sez. 3, n. 7076/2012) sostiene che per integrare il concetto di casa di prostituzione previsto nella L. 20 febbraio 1958 n. 75 art. 3 nn. 1 e 2 è necessario un minimo, anche rudimentale, di organizzazione della prostituzione, è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali ed, all’interno dello stesso locale, l’esistenza di una sia pur minima forma di organizzazione, con la conseguenza che (sez. 3 n. 23657/2004) addirittura non integrerebbe il reato concedere in locazione un appartamento all’interno del quale, sebbene con frequente turnazione, venga esercitata la prostituzione di volta in volta da una sola donna.

Pertanto la difesa sosteneva che secondo l’impostazione giurisprudenziale indicata, poiché l’evento in oggetto dovrebbe essere l’aiuto alla prostituzione (e non la prostituzione), esuli il reato laddove la condotta non abbia cagionato alcun effettivo ausilio per il meretricio, a maggior ragione considerando le uniche, isolate e confuse dichiarazioni di un unico teste e l’assenza di riscontri circa l’imputata.

 

Il Collegio pronunciava sentenza n. 55/2023 con la quale sostanzialmente aderiva all’impostazione proposta dalla difesa.

In particolare veniva sottolineato, ulteriormente, che nonostante la Pubblica Accusa producesse il contratto di locazione concluso dall’imputata, la quale “non poteva non sapere”, il canone previsto era più che congruo per l’attività di massaggi indicata (Euro 1.200,00) nella zona centrale della città, rispetto all’immobile commerciale locato: non vi era pertanto alcun canone di locazione maggiorato rispetto al prezzo di mercato.

Ulteriormente il Collegio si esprimeva con apprezzabili resoconti giurisprudenziali, dando atto che, ai fini della configurazione del reato, risulta necessario che la condotta sia idonea a procurare più facili condizioni per l’attività di meretricio con la consapevolezza di facilitare l’altrui attività di prostituzione (cfr. Cass. Pen. sez. III n. 15502/2019), così come lo sfruttamento consiste in una consapevole partecipazione ai proventi dell’attività di prostituzione (Cass. Pen. sez. III n. 741/2019) e richiede una posizione di terzietà rispetto alla prostituta ed al cliente dell’autore del reato.

Pertanto non è possibile condannare l’imputata in assenza di qualsiasi riscontro, tra i numerosi soggetti sentiti a sommarie informazioni, circa il ruolo effettivamente organizzativo e non anche di persona impegnata nell’attività, risultando solo un canone di locazione a suo carico.

Altro elemento fondamentale è la c.d. abitualità della tolleranza rispetto alla fattispecie di favoreggiamento generica dell’art. 3 n. 8 L. 75/1958, pure contestata all’imputata, ciò in quanto difetta totalmente la prova di un comportamento permissivo e reiterato da parte del gestore.

In difetto di tutti questi elementi che caratterizzano il reato in oggetto, l’imputata è stata assolta perché il fatto non sussiste.

 

avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

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