Tari e rifiuti speciali: come impugnare l’avviso di pagamento

La peculiare possibilità di impugnare un avviso di pagamento della TARI, in relazione alla produzione aziendale di rifiuti speciali, alla luce di alcune pronunce giurisprudenziali

 

Avv. Filippo Antonelli – L’avviso di pagamento è un avviso bonario che precede il procedimento riscossivo vero e proprio che, a parere degli enti creditori (Comuni, Agenzia delle Entrate…), non sarebbe impugnabile così come indicato in calce allo stesso avviso. La Corte di Cassazione, invece, con la sentenza n. 14373 del 15.06.2010, ha dichiarato che gli avvisi bonari possono essere impugnati innanzi le Commissioni Tributarie anche nel caso in cui su di essi sia riportata la dicitura “atto non autonomamente impugnabile”.
La questione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 19 D.Lgs. 546/1992 e la Suprema Corte ha affermato che sono impugnabili tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una normale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di pagamento” o “avviso di liquidazione”.
In pratica, si fa leva sulla sua natura sostanziale di atto impositivo.

I rifiuti speciali e la disciplina della TARI

In primo luogo si consideri la Risoluzione n. 2/DF del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 09.12.2014 Prot. 47505. A fronte di un quesito posto, il Ministero procede all’approfondita disamina della disciplina dei rifiuti speciali introdotta in materia TARI dalla legge di stabilità 2014.

Ai sensi della L. 147/2013, art. 1 co. 649 primo periodo, nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ciò avvenga secondo la normativa vigente.

La nuova disposizione aggiunge una specificazione, pertanto: essa considera intassabili le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, che in genere producono rifiuti in via prevalente speciali, poiché la presenza umana determina la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani assimilabili.

Ne consegue che non può ritenersi corretta l’applicazione del prelievo sui rifiuti alle superfici specificamente destinate alle attività produttive, con la sola esclusione di quella parte di esse occupata dai macchinari: tale comportamento potrebbe dare origine a una ingiustificata duplicazione di costi, perché i produttori di rifiuti speciali farebbero così fronte tanto al prelievo comunale quanto al costo per lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti.

Prosegue il Ministero affermando che la disposizione deve essere intesa nel senso di consentire una tassazione più equilibrata e più rispondente alla reale fruizione del servizio, evitando l’applicazione della TARI nelle situazioni in cui il presupposto del tributo non sorge, come nel caso delle superfici utilizzate per le lavorazioni industriali o artigianali dove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali.

Ne deriva che sono sempre esenti dalla TARI i magazzini di produzione e quelli adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti produttivi di rifiuti speciali. Con tale risoluzione il Dipartimento delle Finanze del Ministero ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione della tassa sui rifiuti sulle aree di produzione di rifiuti speciali.

La norma in sostanza esonera le imprese dal pagamento sulle aree nelle quali si svolgono lavorazioni artigianali o industriali produttive di rifiuti speciali, poiché la presenza umana determina la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti umani assimilabili.

Conseguentemente deve escludersi l’applicazione del prelievo sui rifiuti in relazione alle superfici specificatamente destinate alle attività produttive, con la sola eccezione della parte occupata dai macchinari.

Si consideri in particolare il caso in cui sia un Comune a notificare l’avviso di pagamento.

Inoltre il terzo periodo dell’art. 1 co. 649 L. 147/2013 attribuisce ai Comuni un onere di individuare, con regolamento, le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.

Di conseguenza si deve ritenere che i Comuni non hanno alcun spazio decisionale in ordine all’esercizio del potere di assimilazione.

Per le stesse ragioni sono escluse dall’ambito TARI le aree scoperte che danno luogo alla produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali non assimilabili, dove asservite al ciclo produttivo.

La giurisprudenza

Si consideri altresì quanto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (28.04.2017, n. 10548) in merito alla detassazione piena (invece di quella ridotta) per le aree societarie individuate quali luoghi di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio.

Afferma la Corte che è pur vero che l’art. 62 co. III D. Lgs. 507/1993 attribuisce al Comune la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà che comunque esige esercizio regolamentare, restando in difetto le superfici esenti da tassazione (Cass. Civ., S.U., 30.03.2009, n. 7581).

Nella specie la riduzione del percentuale prevista da un regolamento comunale in via forfetaria, come tale applicata alle superfici, ovvero anche regolamenti comunali TARSU con precise condizioni di detassazione a percentuale fissa, ove risulti particolarmente difficile determinare la superficie di un’area, sono delle possibilità a disposizione del Comune.

Tuttavia, prosegue la Corte, la società che rende edotto il Comune della presenza specifica delle aree dove si formano i rifiuti speciali, non deve pagare la tassa nemmeno forfetaria; la società può provare che le aree dove si formano i rifiuti speciali sono totalmente esenti dalla tassazione.

Così afferma ancora la Suprema Corte (sezione tributaria, sent. n. 9858/2016), ribadendo pertanto quello che può essere considerato un principio di diritto.

Come altresì affermato dalla giurisprudenza di merito (Commissione Tributaria prov.le Brescia, sez. I, 16.02.2016, sent. n. 134), per determinare la superficie soggetta al pagamento dell’imposta TARI, introdotta nell’ordinamento dalla L. 147/13, non si tiene conto di quella parte in cui si formano rifiuti speciali, smaltiti a proprie spese dai relativi produttori e condizione necessaria è la dimostrazione dell’avvenuto trattamento conformemente alla normativa vigente. Di conseguenza l’Amministrazione Comunale non può esercitare alcuna pretesa su tali superfici, in quanto il Comune non rende in relazione ad esse nessun servizio.

Presupposto del tributo è il possesso, l’occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o aree scoperte che insistono interamente o prevalentemente sul territorio del Comune, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti, urbani o assimilati.

Mediazione tributaria obbligatoria

In conclusione si ricordi che il ricorso dinanzi alle Commissioni Tributarie Provinciali deve, a fronte delle recenti innovazioni legislative, essere preceduto dal tentativo di mediazione tributaria presso l’Ente creditore ex art. 17-bis D.Lgs. 546/1992 . In particolare si considerino le tempistiche a tal fine rilevanti: entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’avviso, il ricorso deve essere depositato presso l’Ente creditore al fine di instaurare la procedura amministrativa di mediazione.

Tale procedura ha una durata di 90 giorni, al termine dei quali l’Ente può pronunciarsi o meno nel senso di un’adesione alla proposta. In ogni caso, entro il successivo e ulteriore termine di 30 giorni, l’atto deve essere depositato presso la Commissione tributaria provinciale al fine di instaurare il procedimento vero e proprio. Naturalmente in tale sede deve essere allegata la notifica effettuata ai fini della mediazione obbligatoria.

Avv. Filippo Antonelli

Fonte: https://www-studiocataldi-it.cdn.ampproject.org/c/s/www.studiocataldi.it/amp/news.asp?id=30365